Nuovi lavori gravosi: quali sono, novità e classificazioni

2021-12-31 12:53:37 By : Ms. Lacey Zhang

Unitamente alla definizione normativa delle lavorazioni usuranti, sono state individuate altre categorie di lavorazioni definite “gravose e usuranti”. I lavori gravosi “richiedono al lavoratore un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo”.

Tali lavorazioni, per cui sono stati previsti alcuni benefici previdenziali (meno consistenti di quelli destinati agli addetti alle lavorazioni usuranti) sono state elencate negli allegati C ed E della Legge 232/2016 e successivamente ampliate con l’inserimento di ulteriori 4 tipologie di lavoro dalla Legge 205/2017 e dal DM 5 febbraio 2018.

In un precedente articolo (Lavori usuranti: quali sono? Categorie e requisiti) abbiamo dato conto dei provvedimenti a favore di queste categorie professionali, per le quali sono previsti istituti giuridici che offrono maggiore flessibilità per l’accesso alla pensione.

In particolare, attraverso il vigente Decreto legislativo 67/2011, il governo ha previsto che i lavoratori impiegati in specifiche lavorazioni usuranti potessero lasciare anticipatamente il lavoro, se in possesso di 35 anni di contribuzione, all’età di 61 anni e 7 mesi per i lavoratori dipendenti e 62 e 7 mesi per i lavoratori autonomi (criteri particolari riguardano i lavoratori che svolgono turni notturni). Per ottenere l’accesso al beneficio previdenziale i lavoratori devono dimostrare di aver svolto l’attività usurante per almeno 7 anni, negli ultimi 10 di attività lavorativa, oppure per almeno la metà della vita lavorativa complessiva.

Le lavorazioni usuranti individuate dal decreto sono le seguenti:

Qualche anno più tardi, sotto la spinta delle parti sociali, il governo con la legge di bilancio del 2017 e s.m.i. (legge 232/2016; legge 205/2017 e DM 5 febbraio 2018) ha introdotto una misura previdenziale sperimentale, la cosiddetta APE SOCIALE, da rinnovare anno per anno secondo le risorse disponibili, con il fine di accompagnare i lavoratori impiegati in mansioni “gravose” ossia quelle che richiedono un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo” (in possesso di determinati requisiti) verso il pensionamento.

L’APE SOCIALE rappresenta un’indennità mensile (prevista per le 12 mensilità) correlata ai contributi già versati dal soggetto nel corso della carriera lavorativa, che viene corrisposta al lavoratore che ha compiuto 63 anni fino all’età della pensione vera e propria (attualmente 67 anni).

La somma erogata ha un tetto massimo di 1500 euro lordi, non è indicizzata e non prevede la reversibilità ai superstiti nel caso di decesso del titolare.

Attualmente i requisiti per accedere all’APE SOCIALE sono i seguenti:

Per accedere al beneficio previdenziale occorre che il lavoratore appartenga ad una delle categorie professionali riportate di seguito. Si tratta di 15 categorie professionali, individuate dai rispettivi codici ISTAT, che corrispondono a 65 mansioni:

Per le donne i requisiti anagrafici previsti per il riconoscimento dell’indennità sono ridotti di dodici mesi per ogni figlio, nel limite massimo di tre anni

L’impiego nelle mansioni gravose secondo i requisiti temporali indicati consente inoltre di accedere al pensionamento anticipato con 41 anni di contributi, nel caso di lavoratori precoci ovvero coloro che hanno effettuato almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del 19° anno di età.

La definizione dell’elenco ha suscitato, come prevedibile, le richieste di numerose categorie che lamentano l’esclusione dalla lista di alcune lavorazioni che per le caratteristiche di faticosità e gravosità avrebbero meritato maggiore attenzione.

Per rispondere alla domanda di flessibilità proveniente dai lavoratori, il governo si è dichiarato disponibile ad estendere tale beneficio previdenziale ad altre categorie lavorative e con l’art. 1, comma 474 della legge 160 del 2019 ha istituito una Commissione tecnica a cui è stato attribuito il compito di “studiare la gravosità delle occupazioni, anche in relazione all’età anagrafica e alle condizioni soggettive dei lavoratori e delle lavoratrici, anche derivanti dall’esposizione ambientale o diretta ad agenti patogeni ed acquisire elementi conoscitivi e metodologie scientifiche a supporto della valutazione delle politiche statali in materia previdenziale e assistenziale”.

La richiesta del governo alla Commissione istituzionale è stata quella di individuare, attraverso criteri quanto più possibili equi e oggettivi per le categorie lavorative connotate da maggiore “gravosità” a cui poter estendere i regimi previdenziali speciali già vigenti.

La Commissione lavori gravosi è formata da rappresentanti del ministero dell’economia e delle finanze, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal ministero della salute, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, dall’ISTAT, dall’INAIL, dall’INPS, dal consiglio superiore degli attuari, nonché da esperti in materie economiche, statistiche e attuariali designati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Nella nuova definizione della gravosità delle occupazioni la Commissione ha seguito due strategie operative complementari.

In primo luogo ha passato in rassegna tutte le attività lavorative che per le loro caratteristiche risultavano affini a quelle già presenti in elenco. Successivamente ha costruito un indice di gravosità sulla base di tre criteri Inail che definiscono il numero e la gravità degli infortuni e delle malattie professionali:

Sulla base dell’indice di gravosità delle professioni così costituito delle caratteristiche delle lavorazioni riguardo all’onerosità ergonomica e al carico psicosociale è stata costruita una graduatoria di 92 professioni del mansionario ISTAT, escluse dall’attuale APE SOCIALE, ordinate secondo un ordine decrescente di gravosità; la parte alta della lista contiene le professioni caratterizzate da una rischiosità infortunistica superiore alla media, tra le quali il Governo potrà scegliere quelle a cui estendere il beneficio previdenziale.

La proposta è stata formalizzata dalla Commissione tecnica nella seconda metà di settembre 2021 ed è ora all’analisi del Parlamento che, dopo una scrematura delle 92 categorie indicate dalla commissione tecnica, ha selezionato altre potenziali lavorazioni caratterizzate da valori dell’indice di gravosità superiore alla media, che potrebbero essere aggiunte alla lista dell’attuale allegato A del DM 5 febbraio 2018, elencate di seguito:

Oltre all’allargamento della platea dei beneficiari del provvedimento, la proposta della Commissione tecnica al Governo ha indicato altri punti di revisione della normativa vigente.

Ulteriori proposte di revisione della normativa riguardano inoltre:

L’effetto dell’estensione della flessibilità in uscita ad ulteriori categorie professionali avrebbe ricadute positive immediate sull’andamento infortunistico, perché consentirebbe di ridurre l’incidenza degli infortuni per le categorie in cui la frequenza di questi aumenta al crescere dell’età del lavoratore.

D’altro canto, è necessario considerare entro quali limiti l’estensione della platea dei beneficiari possa essere compatibile con il complessivo bilanciamento del sistema previdenziale.

Leggi anche i nostri approfondimenti su:

Lavori usuranti: quali sono? Categorie e requisiti

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