Mercedes-Benz Vision EQXX: autonomia, tecnica, interni e guida su strada - Quattroruote.it

2022-09-04 13:17:32 By : Mr. Newben Yang

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Bassa e affusolata. Vetri a filo, tetto e lunotto scuri che nascondono 117 pannelli solari. Un siluro argenteo che va assottigliandosi al posteriore. Una coda lunga e nera che va all’insù, filamenti luminosi affogati in quella sinuosità coinvolgente. Sotto, una lama che prima scende e poi fuoriesce. Più che un’auto, la Mercedes-Benz Vision EQXX sembra una navicella spaziale.

La macchina del tempo. Sei come teletrasportato indietro di quasi un secolo al suo cospetto. Rivedi in lei linee morbide, allungate, ma anche oggetti plasmati e oblunghi che, sessant'anni fa, ipotizzavano un futuro lontanissimo. Ecco, in un certo senso quel futuro è arrivato, anche se da allora è successo di tutto e di più. La Vision EQXX è il domani che verrà, è il manifesto della Mercedes-Benz, un biglietto da visita che sottintende una cosa sola: si può fare.

Obiettivo 1000. In questo caso è un numero quel traguardo: 1.000 chilometri da fare tutti d’un fiato, pardon, d’una carica. Ragion per cui è giusto chiamare questa concept per quello che è, un laboratorio viaggiante. Nato con un unico scopo: raggiungere la massima efficienza energetica (95%). Senza motori o batterie monstre, ma semplicemente esasperando ogni singolo aspetto di cui si compone. Ogni comparto è affinato al massimo.

Leggerezza prima di tutto. Partiamo dal corpo: una pelle di fibra composita (carbonio e vetro) rappresenta la cella principale, che le dà quelle sembianze da pallottola gigante votata a bucare l’aria (Cx 0,17). Viene spinta dai 244 CV del suo unico motore, ma questa architettura può ospitare motorizzazioni che forniscono potenze che vanno da 190 a 680 CV. A sostenerla c'è un telaio di lega d'alluminio che, visto da solo, potrebbe essere esposto al MoMa. Contorto, esasperatamente scaricato nelle sue forme, allungate e plasmate, che testimoniano quanto si è lavorato per sottrazione. E lo stesso metodo costruttivo si è applicato per altre parti, come gli attacchi superiori degli ammortizzatori anteriori o il supporto del tergicristallo. Delle ragnatele metalliche che meriterebbero di non essere occultate dalla carrozzeria, perché sono vere e proprie installazioni artistiche. Anche grazie a questi componenti, la Vision EQXX ferma la bilancia a 1.750 kg: un peso piuma, nel mondo elettrico.

Super slim. Protagonista assoluta di questo risultato è sicuramente la batteria, da 100 kWh. Di per sé, non un valore straordinario, anche se inserito in un sistema a 900 volt, ma sono peso e ingombri a lasciare esterrefatti: 495 kg, gestione elettronica compresa, il 30% in meno di quella di una EQS, della stessa taglia, e grossa la metà. Se all’attuale berlina in produzione per percorrere 100 km occorrono 15,6 kWh, per lei ce ne vogliono solo 8,7.

Sui libri di storia. Numeri che potranno rimanere nella storia quando, fra un decennio o due, ci gireremo indietro a guardare com’è avvenuta questa transizione. Un po’ come nel 2002 è stato per il prototipo Volkswagen, denominato XL1 perché la sua motorizzazione ibrida a gasolio (di 300 cm3) consumava solo 1 litro per percorrere 100 km. Corsi e ricorsi storici…

Niente liquido. Qual è l’altra magia della batteria? Non ha impianto di raffreddamento/riscaldamento dedicato, è raffreddata mediante aria dinamica, e questo le consente dimensioni così compatte (non è lambita da cavità per ospitare il liquido di raffreddamento, che inciderebbero sul suo volume).

Potrebbe avere la targa. Sembra atterrata da Marte, la Vision EQXX, eppure stupisce per quanto sembri definitiva. Non solo esteriormente, ma anche dentro dove, oltre all’impiego di forme e materiali inusuali, si percepiscono assemblaggi e finiture molto vicini alla produzione in serie. Le showcar nascono per stupire, per proiettare in là, in termini temporali, chi le guarda e chi le prova (noi siamo stati tra i 20 fortunati al mondo), ma la Mercedes-Benz fa la differenza anche in questo: si avvicina molto alla realtà nel suo processo immaginifico. La Stella è sempre la Stella.

Due banchi prova. Del resto, due viaggi li ha già affrontati, Stoccarda-Cassis (1.008 km) e Stoccarda-Silverstone, 1.202 km. Quindi traffico reale, variazioni altimetriche, variabili di percorso non pianificabili a tavolino. Altro che ciclo d'omologazione. Se si pensa che è nata da un foglio bianco con il contributo del reparto motorsport e che il suo motore è stato assemblato dal personale che normalmente lavora alle linee di produzione, si capisce la portata del risultato. Ma c’è di più: il viaggio è stato affrontato col passeggero perché, secondo gli ingegneri di Stoccarda, l’aggravio di peso è stato meno penalizzante del fatto di avere l’auto non perfettamente piatta. Quei pochi mm di sbilanciamento d’assetto a favore del lato guida, infatti, avrebbero inficiato più dei 70 kg (ipotizziamo) aggiuntivi della seconda persona trasportata. Questo fa capire la sofisticatezza del progetto e dell’aerodinamica. Marketing? Realtà? Quel che è certo è il risultato: oltre 1.200 km con un pieno d'elettricità.

Come la realtà. Devo dire che provare un simile oggetto mette addosso inevitabile apprensione: perché c’è lui e lui soltanto. Possibilità di errore da parte di chi lo guida, nemmeno messa come ipotesi astrale. Motivo per cui, al mio fianco, il tecnico Julian mi controlla a vista. Converrete con me che non è una semplice passeggiata. Per fortuna siamo a Immendingen, 130 chilometri a sud di Stoccarda, nell'enorme  (520 ettari) test track privato della Mercedes-Benz dove la Stella mette a punto la sua mobilità del futuro (auto e camion). Di costruzione recente, 2018, è condizione sine qua non per sperimentare la transizione che stiamo vivendo (elettrificazione e guida autonoma). Averla di proprietà, oltre a dimostrare la potenza di fuoco a disposizione, consente di abbattere enormemente i costi di sviluppo sul lungo termine.

Lusso e modernismo. Entro in una seduta bassa, allungata, con il volante bello verticale. I piedi scivolano dentro a tappetini spessi quattro dita. Davanti agli occhi, uno schermo sottile e ricurvo si sviluppa per tutta l’ampiezza dell’abitacolo (47,5”). Tre piccoli "reattori" in formato gioiello fungono da diffusori d’aria. Sedili sottili, tanto bianco, texture particolare nei pannelli delle portiere, che hanno un cinghietto retraibile per aprirle: molto racing. Al tatto ci sono tutte quelle sensazioni fornite dai materiali più ricercati, come pelle, Alcantara, microfibra, ma qui è tutto di derivazione non animale. Attingono perfino dai cactus e dalle radici dei funghi.  

Centellinando i kW. Alla prima curva si percepisce proprio la sua leggerezza. E lo sterzo è diretto. È anche parecchio sostenuta come assetto, c’è rigidità e non certo confort. Ma oggi sono qui per provare la sua efficienza, non la sua bontà dinamica. E così faccio. Modalità one pedal, anche perché verrà registrata la mia abilità “risparmiosa”. Mica posso far fare brutta figura al Paese che rappresento… (siamo l’unica testata italiana presente).

Staccata da terra. Lei scorre sul suolo come quei dischetti di plastica rigida che, nel gioco dell’Air Hockey da tavolo, schizzano dall’avversario sospesi dall’aria. Perdonate la citazione d’antan, è un paragone poco inclusivo per le nuove generazioni, ma fa proprio quell’effetto lì. Sembra frutto di magia la velocità che prende su discese anche minime. O quanto veleggia sul piano una volta che si rilascia il gas. Da non credere. L’altro aspetto che colpisce è come si sentano ben definiti i livelli di frenata rigenerativa innescati dai paddle. E quindi diventa davvero sfidante usarli. Molto vicini al suolo, ci si ritrova a giocare alternando la pressione del piede destro (che centellina millimetricamente i kW del motore) e l’azione della frenata rigenerativa (anch’essa precisa come se il comando fosse un bisturi).

Consumi record. È difficile pensare che un’auto di produzione potrà essere così efficace, anche per il fatto che ti senti più su un disco volante che su un autoveicolo, ma tant’è. Finisco il giro, rallento e Julian butta l’occhio sullo strumento per vedere come sono andato. Strabuzza, perché segna 7,2 kWh/100 km. “Not bad!”, escalma. Devo dire che girare in pista cercando il tempo sul giro è un altro film, certamente più eccitante, ma alla fine c’è soddisfazione anche in questo tipo di sfida. Del resto, sapersi trattenere, è uno dei segreti anche del mondo che conosciamo bene, quello delle competizioni con motori endotermici. Trattenersi nel momento giusto, in ingresso, per poi essere veloci in uscita di curva.

Dallo show alla strada. Scendendo dall’auto, mi sorge spontanea una domanda: potrà mai essere riversata tutta questa sofisticatezza nella produzione di serie? È Julian a rispondermi, mostrandomi una finta EQB parcheggiata di fronte. Finta perché sotto ha la nuova piattaforma delle Mercedes-Benz che verranno, chiamata MMA. E, dentro, ci sono batteria e hardware della Vision EQXX. Proprio loro. È una sorta di muletto con cui sperimentano questa soluzione. Ha addirittura partecipato al primo viaggio, quello da Stoccarda a Cassis, una settimana prima per verificare in anticipo le condizioni dell’impresa. Questa Suv apparentemente normale mi fa pensare una cosa sola: forse il futuro che ho provato oggi è più vicino di quanto pensiamo. La Stella è li a dimostrarcelo.

Guarda la video intervista a Gustavo De Cicco, Fleet & Remarketing Director di Koelliker!

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