Inserimento di pareti strutturali edifici esistenti. Cosa c’è da sapere? | Ingegneri.cc

2022-07-02 12:35:25 By : Mr. xiao dai

Ci sono situazioni in cui l’inserimento di pareti strutturali all’interno o lungo il perimetro di un edificio esistente in cemento armato risulta molto più efficace e vantaggiosa rispetto alla realizzazione di interventi “locali” sui singoli elementi.

Le pareti, infatti, in virtù della loro elevata rigidezza, si fanno carico di assorbire gran parte dell’azione sismica.

L’inserimento delle pareti strutturali all’interno dell’organismo deve essere però studiato con attenzione, cercando di privilegiare configurazioni per lo più regolari, o che comunque non siano in grado di causare evidenti problemi torsionali.

Poiché questa tipologia di intervento è particolarmente invasiva, al progettista si richiede anche una certa “sensibilità” nei confronti delle esigenze architettoniche.

Esistono diversi modi per procedere con l’inserimento di pareti strutturali.

Tra le tecniche più diffuse vi è innanzitutto quella che prevede ad esempio la demolizione della porzione di tamponatura presente tra due pilastri esistenti (Fig.1) e l’inserimento di un opportuno quantitativo di armatura verticale e orizzontale che sia in grado di “inglobare” i pilastri all’interno del nuovo getto di calcestruzzo, realizzando così una nuova parete strutturale.

Fig.1_Esempio di realizzazione di una nuova parete strutturale mediante demolizione della tamponatura esterna ©Valutazione sismica e tecniche di intervento. Per edifici esistenti in c.a.

In alternativa è possibile effettuare un rinforzo delle tamponature esistenti mediante intonaco armato (Fig.2). In entrambi i casi possono essere impiegate reti elettrosaldate, anche se, nella seconda soluzione, sono sempre più diffuse le reti in materiale composito (es. fibra di vetro o basalto). Si raccomanda anche di prestare particolare attenzione nel confronto dell’ancoraggio dell’armature, al fine di garantire la corretta trasmissione degli sforzi tra piani consecutivi.

Fig.2_Schematizzazione del rinforzo di una tamponatura mediante “intonaco armato” (figura adattata da materiale didattico dei prof. A. Masi e M. Vona) ©Valutazione sismica e tecniche di intervento. Per edifici esistenti in c.a.

Al fine di garantire l’efficacia dell’in­tervento si rende opportuno l’inserimento di connettori che rendano solidali la rete di rinforzo con la tamponatura ed il telaio in cemento armato esistenti. Nel caso di intervento eseguito sia all’interno che all’esterno sarà opportuno solidarizzare tramite legature anche le reti di rinforzo tra di loro.

Rinforzando le tamponature esistenti mediante intonaco armato è possibile ottenere dei benefici qualitativamente assimilabili a quelli conse­guiti con l’introduzione di nuove pareti strutturali, ossia un aumento della rigidezza e della resistenza globale dell’edificio, anche se naturalmente di entità inferiore.

Una tecnica alternativa all’intonaco armato è quella del calcestruzzo proiettato, noto anche come shotcrete, spritz-beton o gunite. Questa consiste nello spruzzo o proiezione, mediante lancia ad aria compressa, di una miscela cementizia additivata con prodotti acceleranti di presa, che consentono l’aggrappo istantaneo del conglomerato su una superficie. Il vantaggio di questa tecnica è chiaramente la rapidità di esecuzione, che la rende indicata in particolare per interventi che coinvolgono superfici di grandi dimensioni.

Anche se le applicazioni più frequenti riguardano i consolidamenti delle gallerie, il calcestruzzo proiettato viene impiegato, per esempio, per il rinforzo delle tamponature esterne presenti su lati ciechi di edifici: la mancanza di aperture permette un’applicazione rapida di reti di armatura su tutta la facciata (telaio in c.a. e tamponature in laterizio – vedi Fig. 3); il getto finale rende solidale l’armatura alla tamponatura e al telaio perimetrale esistente, migliorando il suo comportamento nei confronti dell’azione sismica, rendendolo più simile a quello di una parete strutturale.

Fig.3_Sistema di rinforzo ibrido: pareti strutturali e controventi al piano terra (figura adattata da Fardis, 2009) ©Valutazione sismica e tecniche di intervento. Per edifici esistenti in c.a.

Si necessita solo della preparazione del supporto, prevedendo una pulizia atta a rimuovere la polvere e le impurità della superficie; quindi si procede alla messa in opera del rinforzo con la posa delle armature.

La pressione del getto fa sì che, pur avendo ottima aderenza, una parte del calcestruzzo rimbalzi sulla superficie e ricada nelle vicinanze, non si riesce ad avere la cura e il livello di precisione che si otterrebbe con un getto eseguito con le modalità tradizionali. Mediante l’applicazione di questa tecnica si evitano alcune delle fasi tradizionali del cantiere di un’opera in cemento armato, quali la predisposizione dei casseri e la loro dismissione.

L’inserimento di pareti strutturali comporta, di contro, un incre­mento notevole degli sforzi tramessi in fondazione. In particolare, si ha l’introduzione di momenti ribaltanti di ordini di grandezza molto superiori rispetto a quelli dovuti ai pilastri.

Qualora la fondazione risulti non idonea ad assorbire gli sforzi trasmessi dal nuovo sistema strutturale, è necessario prevedere un suo rinforzo oppure optare per una soluzione ibrida (come quella proposta da Tsiknias and Pittas, 1992 e schematizzata in Fig.3), che prevede l’inserimento di pareti tra pilastri esistenti a tutti i piani escluso il piano inferiore dell’edificio, per il quale si prevede un sistema di contro­venti che raccordano le fondazioni e trasferiscono quindi gli sforzi assiali in fondazione.

In alcune situazioni può essere necessario prevedere l’inserimento di pareti strutturali all’esterno dell’edificio, che operano come dei contrafforti; nell’operare questo intervento bisogna assicurare il buon collegamento delle stesse al resto della struttura, poiché in tali zone si ha un’elevata concentrazione di sforzi. Tuttavia questa soluzione potrebbe non essere ottimale da un punto di vista non solo strutturale, poiché si va ad agire sui prospetti dell’edificio, creando anche zone d’ombra che riducono l’illuminazione interna ed un ingombro indesiderato.

L’articolo è di Rui Pinho, Federica Bianchi, Roberto Nascimbene.

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